[Edit 15/4 Edit 10/9 Edit 21/10: stiamo ANCORA rivedendo questo post alla luce della registrazione dell’intervento di Modena e continuiamo a scoprire nuove bizzarrie nelle parole di Fatica (che non aggiungeremo in questa sede, anzi abbiamo completamente svincolato la parte su Modena). Riediteremo quindi completamente quanto segue, tenendo conto dei commenti ricevuti e senza più segnalare ogni singola correzione alle nostre affermazioni, se no vien fuori un carnaio proprio quando ci vuole massima chiarezza.]
Come auspicavamo, ci è stata gentilmente fornita la registrazione dell’intervento. Speriamo che, con tante possibilità a disposizione (come i video su FB o La Voce di Arda, che ha recentemente trasmesso un intervento della traduttrice Costanza Bonelli e venerdì 13 intervisterà Kelopoeta, e conserva tutte le sue puntate per rendere disponibile la consultazione a tutti), sia sempre più prassi comune fornire la vera voce degli intervistati, soprattutto nel clima ostile e sospettoso di questi mesi.
L’articolo della Gazzetta di Modena qui sopra pubblicizza l’incontro. Vale la pena di analizzarlo, perché si aggiunge a quella serie di motivi per cui una parte dei tolkieniani è furibonda con la traduzione Fatica e i suoi sostenitori. L’articolo non è facilmente leggibile, ma se visualizzate l’immagine, la scaricate e l’ingrandite, si capisce.
Tolkien, la “rinascita” di un mito con il traduttore Ottavio Fatica
Non sappiamo se le virgolette indichino enfasi o vergogna del titolista. Ma il testo dichiara:
[Fatica] ha permesso al “mito” dello scrittore JRR Tolkien di essere comprensibile anche in lingua italiana contemporanea.
Di nuovo le virgolette ambigue. Al redattore (che poi scuseremo) servirebbe un corso di linguistica elementare. Sia “rinascita” che “mito” sembrano virgolettati per dileggio, invece si direbbe che parli sul serio. Ma in tal caso le virgolette non sono necessarie. Ovvio che un articolo di giornale non possa descrivere tutto ciò che è Tolkien, ma il “mito di Tolkien” non ha alcun senso.
Più grave è “essere comprensibile anche in lingua italiana contemporanea.” Su FB siamo andati sul sarcastico pesante, paragonando la lingua della traduzione Alliata/Bompiani ai Placiti Cassinesi, all’Indovinello Veronese, all’italiano del Duecento (quello vero, non come lo intende Fatica qua sopra, che ancora non si sa cosa significhi), e chi più ne ha… Il Signore degli Anelli nella traduzione A/B è SEMPRE stato perfettamente comprensibile in lingua italiana contemporanea. Non concepiamo un universo in cui la nostra edizione Rusconi ’80 non sia comprensibile, endiadi o non endiadi, nomi belli o brutti.
è stata accolta come una ventata di aria fresca sul potente linguaggio originale, rendendo la storia viva, fresca e fedele a Tolkien.
“Fresca” due volte in una frase, bocciato. Ma scusato perché lo fa anche Fatica. Il problema è lo stesso della citazione precedente. Forse l’edizione Rusconi ’80 non era viva, fresca e fedele a Tolkien? La fedeltà della traduzione A/B è un argomento impossibile da trattare in questo post. Ma l’articolo della Gazzetta non si prende neanche la briga (come direbbe Gandalf) di nominare la traduzione precedente, come se Tolkien esistesse in Italia solo dal 30/10/19.
Abbiamo la sensazione che al redattore sia stato fornito un testo da pubblicare acriticamente. Nulla di male, sappiamo come funzionano i media.
CHUCK NORRIS E L’ORSO YOGHI: Fatica al Tolkien Lab di Modena, 15/2/2020, di Giuseppe Scattolini. Questo commento è stato criticato su FB sulla base di “beh, ovvio, la trascrizione è faziosa”.
I primi due paragrafi sono impeccabili per oggettività. Giuseppe ammette: Degli amici presenti ci hanno passato degli appunti, che abbiamo ritenuto essere molto interessanti e che io non discuterò appieno.
Anzitutto, Fatica ha finalmente spiegato uno dei criteri base della sua traduzione: il rapporto con il lettore anglofono contemporaneo. Secondo lui, dato che gli inglesi oggi quando leggono “Rangers” li associano a Chuck Norris e al ranger dell’Orso Yoghi, allora anche lui deve tradurre per gli italiani così come gli inglesi capiscono l’inglese di Tolkien.
[grassetto originale]
Fatica [da registrazione] ha parlato di “ragazzini inglesi o americani”, intendendo quindi i principali paesi anglofoni – non gli inglesi, abitanti dell’Inghilterra. Questi “ragazzini” secondo lui associano “ranger” a Chuck Norris e all’Orso Yoghi, il che rivela una visione razzista per cui quelli che parlano inglese sono tutti uguali. Per gli anglofoni, “ranger” ha una quantità di significati, di cui “ramingo” è uno dei meno impropri. Su internet fervono discussioni feroci, al limite del bullismo. E’ incredibile che nessun intellettuale o gestore di un sito illustre abbia l’umiltà di dire “Cavolo, non ci avevo mai pensato, non sono d’accordo ma ci rifletto.”
Mettendo tra parentesi il fatto tutto da dimostrare di tale associazione mentale dei madrelingua inglesi, secondo me è da qui che provengono anche le sue altre scelte traduttive: siccome all’orecchio moderno le scelte linguistiche di Tolkien appaiono vetuste e incomprensibili, allora anche la traduzione italiana deve rispecchiare non il significato del testo tolkieniano, ma come esso suona all’orecchio delle persone di lingua anglosassone oggi. Dato che il testo non è comprensibile a un inglese contemporaneo alla luce della cultura contemporanea, deve risultare incomprensibile anche a un italiano oggi.
[grassetto nostro]
Se l’impressione ricevuta da Scattolini è corretta, la traduzione di Fatica va rigettata in blocco come un tradimento totale dell’opera di Tolkien, che non ha mai voluto essere incomprensibile, anzi riconosceva l’applicabilità della sua opera. Crediamo che il discorso sia più complesso, ma è difficile interpretare l’opinione di Fatica, anche alla luce della registrazione. Non è questa la sede.
MA GUARDA COME SCRIVE BENE ‘STO TOLKIEN: Modena, Fatica: Tolkien, uno scrittore coerente, 15/2/2020, dal sito AIST, di Roberto Arduini e Claudio Testi.
Si veda Modena Reboot.
Quindi la cosa della Sindrome di Stoccolma è farina del sacco di Testi? Non che questo migliori la situazione (è una scemenza e scemenza rimane… Se l’intenzione era quella di fare una battuta, allora il tentativo è fallito, almeno per quanto mi riguarda!), ma comunque mi consola un pochino sapere che una roba del genere non sia stata detta apertamente durante l’incontro a Modena, di fronte a chissà quanta gente. Certo, se poi la dice Testi sul sito dell’AIST, non è che il risultato cambi molto, anzi…
Comunque, da brava rompiscatole quale sono, vi (ri)segnalo che la frase “I am wounded by knife, sting, and tooth, and a long burden” è davvero assente nella vecchia traduzione…
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Sì sì, la frase come tale è sparita, o quanto meno è stata modificata in A/P mantenendo il senso e non le parole. Quella della Sindrome di Stoccolma, non siamo sicurissimi che Fatica non l’abbia detto, per la qualità della registrazione e il suo modo di parlare veloce e un po’ confuso. Meno male che non sei su FB… certe volte non è possibile avere una discussione civile. Continuiamo a ripetere che non ci interessa criticare o lodare A/P, di cui tutti conoscono bene pregi e difetti, ma confrontare Fatica con Tolkien, dato che si suppone che abbia “restituito il vero Tolkien”; la risposta è invariabilmente “Però anche A/P ha sbagliato…” Non c’è speranza.
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Riguardo alla nuova traduzione del Padre nostro, se ne parla brevemente sul blog “Fuoco Fatuo”, che voi già conoscete:
https://fuocofatuo215166483.wordpress.com/2018/11/20/della-traduzione-o-perche-tradurre-tradire-e-la-scusa-dei-cattivi-traduttori/
Il tono dell’articolo non mi piace particolarmente, lo ammetto, ma il contenuto è molto interessante!
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Fatica ha permesso a Tolkien di essere comprensibile anche in lingua italiana contemporanea, come no… usando termini come “genìa”, “aprica”, “belletta”, “manducare”, “piantito” e compagnia bella XD
Ma passiamo oltre: l’articolo sul sito dell’AIST è semplicemente scioccante. Fatica si sorprende che Tolkien fosse coerente e scrivesse bene… Un filologo che insegnava l’anglosassone all’università e ha fatto innamorare milioni di lettori e di lettrici doveva scrivere male, secondo lui?! E meno male che il traduttore ha letto pure “Il Silmarillion”…
Sorvolo sulle critiche alla vecchia traduzione, perché la maggior parte sono pretestuose e perché voi avete già detto abbastanza. L’unica cosa che mi permetto di sottolineare è che la frase di Frodo su coltello, pungiglione, dente e fardello è effettivamente assente nella versione di Alliata (le frasi che avete citato voi traducono le affermazioni precedenti del Portatore dell’Anello). Questa, però, non la posso accettare: “«The blade turned on the hidden mail-coat and snapped» […] quando Saruman tenta di uccidere Frodo, ma la sua lama va a sbattere contro la sua cotta di maglia e si spezza… il lettore italiano legge solo che Saruman impugna il pugnale per colpire Frodo e che poi quest’ultimo chiede agli altri hobbit di non vendicarsi. Non si capisce perché un personaggio ferito voglia salvare il suo attentatore, a meno che non si tratti di una sorta di sindrome di Stoccolma”. MA FATICA CI FA O CI È? SA COS’È LA SINDROME DI STOCCOLMA? (Scusate il maiuscolo, ma quando ci vuole ci vuole!). L’assenza di quella frase NON cambia la percezione della scelta di Frodo: lui risparmia Saruman perché ha pietà di lui e non desidera fomentare la violenza e la vendetta, punto. È chiarissimo! Inoltre, Frodo dice testualmente: “Non mi ha ferito”. Dov’era Fatica quando nel testo è presente questo passaggio?
Le critiche a Tolkien non le commento proprio, altrimenti faccio notte XD Piuttosto, potreste illuminarmi su una vostra affermazione, per favore? “Il senso di oscurità non esiste in inglese e infatti non è così che lo usa Tolkien”… Che significa di preciso?
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Eccoci! Grazie, credevamo di essere solo noi ad avere qualche problema con la Sindrome di Stoccolma…
Dunque, “Il senso di oscurità non esiste in inglese e infatti non è così che lo usa Tolkien”; come al solito, quando arriviamo verso la fine di un articolo, siamo fusi e cominciamo a scrivere in ostrogoto (con tutto il rispetto per gli Ostrogoti).
L’intento era questo: Fatica dice “Tolkien usa nightshade nel senso di oscurità che non esiste in inglese”, e noi rispondiamo: è vero, in inglese nightshade non vuol dire oscurità, e d’altra parte neanche Tolkien usa nightshade = oscurità! Nella Canzone di Luthien, Tolkien parla di boschi in cui cresce la belladonna. C’è un’atmosfera di oscurità in quella quartina, ma è data dal lessico (probabilmente anche dalla parola nightshade, per come è composta da night+shade, termini che richiamano l’oscurità) e non dalla presenza di una piantina in un bosco!
Almeno, questa è la nostra interpretazione. Speriamo di aver fatto luce… letteralmente 😀 Grazie per averci dato l’occasione di chiarire questo passaggio!
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Non si può non menzionarti, quando così tanti si basano solo sull’emotività e sull’istinto per approvare o criticare (anche noi, troppe volte), e tu invece sei uno dei pochi che si basa sulle fonti e sui fatti!
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Grazie per avermi menzionato ancora! 🙂
Intervengo fugacemente a questo proposito solo per segnalare che la puntata radio andrà in onda venerdì 13 marzo 2020 alle ore 21:00. Lascio qui il link all’evento su Facebook per chi voglia saperne di più: https://www.facebook.com/events/201524994538133/
Per il resto, continuerò a seguire con interesse questa vostra raccolta di fonti e articoli! 🙂
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