Lettera 171 e arcaismi: un altro punto di vista

Mentre stiamo recuperando gli eventi dei 4 mesi scorsi, perduti per colpa di voi sapete chi, Eru ha voluto che proprio ieri uscisse l’articolo AIST a firma Wu Ming 4, Tolkien e l’arcaismo nel Signore degli Anelli, che prende in cosiderazione proprio la lettera 171 a Hugh Brogan. Ottimo articolo, che però trascura quel dettaglio…

Questa stessa lettera 171 è stata commentata in maggio – subito dopo l’intervento di Fatica al Salone del Libro, vedi precedente post – per La Voce di Arda, da Paola Cartoceti e Costanza Bonelli. (Paola 65′, Costanza 85′)

Per la lettera usiamo la Traduzione di Lorenzo Gammarelli. (Tutti i grassetti sono nostri.) Ci scusiamo per la pessima formattazione, colpa di WordPress.

I punti essenziali sono:

  1. Semplicità della lingua arcaica
  2. Importanza dell’ “orecchio”
  3. Uso del “linguaggio moderno”

Dopo l’introduzione in radio di Enrico Spadaro, ecco cosa ha da dire la Cartoceti, opportunamente ripulita e commentata da noi. Costanza ha successivamente fornito un commento traduttologico.

La lettera 171 è un autentico manuale sull’uso dei registri, degli arcaismi e degli anacronismi; Tolkien parla dell’inglese, ma ciò che dice è applicabile all’italiano. Fatica fa esattamente l’opposto.

  1. Semplicità della lingua arcaica

…. but the pain that I always feel when anyone – in an age when almost all auctorial manhandling of English is permitted (especially if disruptive) in the name of art or ‘personal expression’ – immediately dismisses out of court deliberate ‘archaism’.

Tolkien risponde alle critiche sull’abuso di arcaismi, “in un’epoca in cui in nome dell’arte o della ‘espressione personale’ viene in pratica permessa agli autori qualsiasi manomissione autoriale dell’inglese (soprattutto se dirompente)”.

Questo ricorda la dirompente opera di Fatica che manomette l’italiano, non in nome di arte o espressione personale, ma nell’intento manifesto di “restituire il vero Tolkien”.

Tolkien dice anche:

The proper use of ‘tushery’ is to apply it to the kind of bogus ‘medieval’ stuff which attempts (without knowledge) to give a supposed temporal colour with expletives, such as tush, pish, zounds, marry, and the like.

Traduzione: “Il vero ‘abuso di arcaismi’ consiste in quel tipo di robaccia ‘medievale’ finta con espletivi come poffare, gaglioffo, marrano, perdiana, e così via.”

Farica traduce high king / alto sire, hall / palagio, etc, dove il discorso non richiede un tono elevato. Somiglia molto a quello che Tolkien disdegna.

But a real archaic English is far more terse than modern; also many of things said could not be said in our slack and often frivolous idiom.

Dice Tolkien: “Ma un vero inglese arcaico è molto più essenziale rispetto a quello moderno; inoltre molte delle cose dette non potrebbero essere espresse nel nostro idioma fiacco e spesso frivolo.”

“Essenziale” è in originale terse, che significa “limpido” ed è più descrittivo: il succo è che il vero inglese arcaico è più CHIARO di quello moderno! E quindi ciò vale anche per un italiano dal suono arcaico, che deve essere chiaro e limpido, non incomprensibile e farraginoso.

Slack significa anche “pigro”; lo preferiamo a “fiacco” perché secondo noi rende più l’idea del parlare moderno, impreciso e distratto. Il che somiglia molto al parlare di Fatica, quando descrive Bilbo: to his own lasting astonishment / “sorprendendo non poco e a lungo se stesso”. Pesantissimo.

2) L’importanza dell’orecchio

Of course, not being specially well read in modern English, and far more familiar with works in the ancient and ‘middle’ idioms, my own ear is to some extent affected; so that though I could easily recollect how a modern would put this or that, what comes easiest to mind or pen is not quite that.(…)

“Ovviamente, dato che sono poco esperto [not specially well read: significa che materialmente legge più gli antichi che i moderni, non che è “poco esperto”] di inglese moderno e molto più familiare con le opere negli idiomi antichi e “di mezzo”, il mio orecchio ne viene in qualche modo influenzato; così, anche se potrei facilmente ricordare come un moderno direbbe questo o quello, ciò che mi viene più facilmente in mente [traduzione atroce] o alla penna è qualcos’altro.”

Molti di noi sono stati accusati di “andare a orecchio” su FB, criticando Fatica che traduce “E’ nei guai” per “He is in need”, riferito ad Aragorn che ode il corno di Boromir. Qui Tolkien parla dell’IMPORTANZA DI ANDARE A ORECCHIO, tanto è vero che attribuisce il suo stile unico al suo “orecchio” per gli autori antichi. Nella scrittura e nella traduzione, l’orecchio alla lingua d’origine e a quella di destinazione (e Fatica non ha né l’uno né l’altro) è importante quasi quanto lo studio, la pratica e la tecnica. Se “Forestale” è filologicamente giustificabile (dice AIST) ma all’orecchio della maggioranza dei lettori suona male, decide l’orecchio; anche perché stiamo parlando di uno che ha scartato “Raminghi” perché gli SEMBRAVA “un ordine di frati”.

3) Uso del “linguaggio moderno”

I know well enough what a modern would say. ‘Not at all my dear G. You don’t know your own skill as a doctor. Things aren’t going to be like that. I shall go to the war in person, even if I have to be one of the first casualties’ — and then what? Theoden would certainly think, and probably say ‘thus shall I sleep better’! But people who think like that just do not talk a modern idiom. You can have ‘I shall lie easier in my grave’, or ‘I should sleep sounder in my grave like that rather than if I stayed at home’ – if you like. But there would be an insincerity of thought, a disunion of word and meaning. For a King who spoke in a modern style would not really think in such terms at all, and any reference to sleeping quietly in the grave would be a deliberate archaism of expression on his part (however worded) far more bogus than the actual ‘archaic’ English that I have used.

‘Not at all my dear G. You don’t know your own skill as a doctor. Things aren’t going to be like that. […]” Citiamo l’originale perché – a parte la battuta su “my dear G” (ma la traduzione Fatica non si discosta di molto, per esempio quando Gildor Inglorion della Casa di Finrod si rivolge a Frodo: “Salve, Frodo!” gridò. “Sei fuori a tarda ora. Non ti sarai mica smarrito? … Coraggio, Frodo, dicci che cosa fai.”) – è interessante notare che, nel suo esempio inventato, Tolkien disapprova termini come don’t e aren’t. E infatti Fatica usa SEMPRE “ be’ e po’ “, il troncamento della E nell’infinito (“Mi piace camminar sotto le stelle.”), etc. Ci sembra anomalo che uno hobbit parli in endecasillabi.

Like some non-Christian making a reference to some Christian belief which did not in fact move him at all.

“Come un non-cristiano che parli di qualche credenza cristiana che in realtà non lo tocca affatto.” L’ultima frase si applica benissimo alla dichiarazione di Fatica a Torino che “l’anima non esisteva come categoria”; se ne deduce che, come già dichiarato altrove, Fatica ritiene che Tolkien sia incoerente nell’uso di termini che nella Terra di Mezzo non potevano esistere, come “anima” o “gioviale”.

Probabilmente editeremo questo post, ma adesso c’è fuori un tifone e dobbiamo spegnere al più presto.

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