Siamo costretti a riprendere in mano UN’ALTRA VOLTA il resoconto AIST a cura di Claudio Testi sull’intervento di Fatica a Modena 2020, Modena, Fatica: Tolkien, uno scrittore coerente, 15/2/2020, che avevamo innocentemente ribattezzato MA GUARDA COME SCRIVE BENE ‘STO TOLKIEN. E’ uno degli articoli che consultiamo più spesso come fonte primaria per i saggi che la nostra squadra ha scritto e sta scrivendo, e ogni volta spuntano nuove gemme. Forse abbiamo scavato troppo a fondo, trovando ombre e fiamme, soprattutto quando abbiamo ascoltato le due ore di registrazione dell’intervento.
Dalla precedente versione del post abbiamo espunto la presente parte specifica sull’articolo AIST. Oltre alle contraddizioni e agli errori di Fatica già rilevati nella versione originale, segnaleremo vari punti in cui neppure Testi ha capito di cosa parla Fatica. Indicheremo le aggiunte in rosso. (DA NON CONFONDERE CON I LINK.)
Già il titolo ci lascia perplessi. Tolkien è coerente. E’ una rivelazione straordinaria quanto “Tolkien fumava la pipa” o “Tolkien aveva un fratello”. Tutto l’articolo descrive la continua meraviglia di Fatica per la scoperta che Tolkien SCRIVE BENE. Non è proprio perfetto, poverino, si sa, era così giovane, ma lo si può perdonare. [/sarcasmo Noldor]
Oltre all’incredibile condiscendenza di questo atteggiamento, che Tolkien fosse uno scrittore di altissimo livello si capiva già dalla traduzione A/B, con tutte le sue endiadi e i suoi riconosciuti errori; altrimenti così tanti di noi non sarebbero qui a fare quello che fanno, perdendo sonno, salute e lavoro, non per difendere A/B ma per mostrare che Fatica non è il Redentore, anzi.
Il moderatore Claudio Testi riassume l’intervento. Di lui abbiamo letto “Santi pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien” che ci è piaciuto, e il suo resoconto è pacato come quello di Scattolini.
Devo ammettere che in un primo momento, quando in AIST si valutò di riproporre una nuova traduzione del Signore degli Anelli avevo qualche perplessità, vista anche la buona riuscita della precedente. Ora, alla luce di quanto ho sentito e anche dei dibattiti che si sono avuti in rete, non ho più dubbi sul valore culturale di questa operazione, infatti:
a) Non esiste nessun classico che non abbia avuto ritraduzioni in cinquant’anni e se Tolkien è un classico, meritava una ritraduzione (che spero da parte mia non sia l’ultima);
Vero. Ma non la ritraduzione di Fatica. Se non ci fossero stati tutti i macelli legali, sarebbe bastata una revisione di A/B.
b) Non si erano mai viste tante discussioni in cui si comparava la traduzione all’originale, e questo ha fatto e farà ancor di più capire l’originale: a questo servono le diverse traduzioni.
Vero. Noi non abbiamo mai studiato così tanto il testo originale del SdA, anche se il nome “Tolkien” comincia a darci i flashback del Vietnam.
c) La nuova versione era stata attaccata ben prima della sua pubblicazione in quanto “maoista” e “in foggia lgbt”: chiunque l’abbia letta potrà ben capire quanta ideologia e malafede ci sia stato in quegli attacchi. Intendiamoci, ben vengano le critiche, ma per essere costruttive dovrebbero essere circostanziate e se vogliono non essere ideologiche, dovrebbero usare la stessa lente di ingrandimento non solo sulla versione di Fatica, ma anche sulla precedente la quale, dopo cinquant’anni, contiene ancora macroscopici errori addirittura nei titoli!
Sbagliatissime le critiche a priori, rivelatesi infondate. Ci siamo fatti anche noi prendere dal panico, salvo poi aggiustare il tiro. Però noi troviano “ideologia e malafede” anche negli attacchi agli oppositori di Fatica, perfino quando offrono critiche “circostanziate”. Abbiamo già fornito numerosissimi esempi nel post precedente.
Non siamo qui per “usare la lente di ingrandimento” su A/B ma su Fatica, e naturalmente sull’originale. Nei nostri Commenti Testuali è inevitabile mettere a confronto le due traduzioni, con critiche all’una e all’altra. Ma la nostra tesi ripetutamente espressa è che Fatica non è la persona giusta per comprendere il Sda, e qui ne abbiamo ulteriori prove. Vedremo più tardi come i “macroscopici errori nei titoli” siano presenti in entrambe le versioni.
(Per chiarezza, useremo la stessa scansione in capitoletti dell’articolo AIST.)
Sul ‘mestiere’ del traduttore
Fatica ha iniziato ammettendo che conosce molto degli Inklings (C.S. Lewis lo apprezza moltissimo come saggista, apprezza Poetic Diction di Owen Barfield e ama Charles Williams, che vorrebbe vedere ripubblicato) per quanto di Tolkien non abbia letto tutto (ha letto Lo Hobbit, Il Silmarillion e Albero e Foglia e per tradurlo naturalmente Il Signore degli Anelli).
Non smetteremo mai di far notare che 1) conoscere gli Inklings non significa conoscere Tolkien, 2) se Fatica ha letto il Silmarillion non lo ricorda, come si nota da numerosi passi (Beren e Lúthien che “detronizzano” Morgoth, o l’intera Canzone di Eärendil, su cui stiamo facendo un lavoro spaccaossa).
… una cosa che lo ha stupito di Tolkien è stato il fatto che la sua narrativa non deraglia mai, ma è molto coerente. Ha quindi richiamato due brani delle lettere ove Tolkien scrive che la sua opera è fondamentalmente cattolica e paragona la situazione di Frodo al “non indurci in tentazione” del Padre Nostro, passo recentemente ritradotto con “non abbandonarci alla tentazione”. La Conferenza Episcopale ha recentemente ritradotto quel passo. In merito alla nuova versione della preghiera, ha spiegato che il difficile compito del traduttore è tenere per buono ciò che ti trovi davanti e tradurlo così com’è, senza adattarlo alle proprie convinzioni. La traduzione è uno specchio.
[grassetto originale]
Cosa si aspettava Fatica dal SdA, e perché non lo aveva mai letto? Nel post precedente citiamo la fonte secondo cui “non è familiare con il fantasy”. Difficile immaginare che idea avesse di Tolkien prima di cominciare il suo lavoro. E’ solo una nostra ipotesi, ma forse se lo aspettava più schizofrenico. Uno che legge il Silmarillion e Lo Hobbit può pensare che siano scritti da persone diverse, e che un “fantasy” scritto da costui non possa essere che un accozzo di scopiazzature di Chrétien de Troyes e Lovecraft. Fatica ha dichiarato “Non è per niente sgangherato, come lo è stato tanta letteratura fantasy.” (Ho fatto a pugni con il Signore degli Anelli – intervista a Fatica (Venerdì di Repubblica), con parziale trascrizione e commento di Cercatori di Atlantide e il nostro commento.)
E invece lo trova coerente! Vent’anni dopo che Shippey ha definito Tolkien “Autore del Secolo”.
Questo è uno degli aspetti più incredibili di tutta la faccenda. Fatica non ha lavorato da solo e di sua iniziativa, è stato scelto da una rispettabile associazione tolkieniana. Senza inficiare i suoi lavori precedenti (anche se abbiamo già menzionato numerosi dubbi sulla sua traduzione di Moby Dick), non era la persona giusta per questo lavoro. Per tradurre Tolkien ci vuole Tolkien. Qualcuno con una conoscenza capillare dell’autore, dell’Old English e Middle English, delle saghe nordiche… Praticamente impossibile; ma almeno uno che avesse già letto e amato il SdA lo si poteva trovare.
Alle obiezioni che nemmeno Alliata era un’esperta di Tolkien, abbiamo risposto qui. Il punto è proprio che Fatica ha alle spalle una squadra di studiosi che, come si vedrà in questo post, non si sono accorti della sua scarsa conoscenza in materia di Tolkien.
Interessantissimo l’accostamento tra Frodo e il Padre Nostro. Molto importante anche l’accenno di Fatica al “non ci abbandonare alla tentazione”. Ma la citazione è un velato suggerimento che se si può ritradurre la Bibbia si può ritradurre anche Tolkien.
La traduzione è uno specchio, dice Fatica. Questa frase significa tutto e niente. Uno specchio (o uno scanner) può essere anche oscuro, come in Philip K. Dick o Ingmar Bergman, che citano entrambi le Lettere di Paolo. Uno specchio può essere troppe cose perché questa frase astratta dal contesto abbia senso.
Sulla traduzione precedente
Si è però detto stupito che nell’ultima edizione viene detto che sono stati corretti alcuni refusi e questo ancora dopo cinquant’anni! Non solo, ma nota che ce ne sono ancora alcuni clamorosi, come ad esempio il titolo “Percorrendo la contea” in cui la parola “scouring” è stata presa erroneamente per “scouting”.
Quale ultima edizione? Supponiamo l’ultima di Alliata/Bompiani. Inammissibile che in un romanzo di 1300+ pagine ci siano ancora refusi, dopo tutte le mani per cui è passato? Vorremmo qualche precisazione.
In proposito, l’erronea traduzione di scouring non è un refuso. Potrebbe darsi che l’edizione giunta ad Alliata da tradurre avesse scouting, definibile come refuso, questo sì. La verità è che né A/B né Fatica traducono correttamente il titolo. To scour significa letteralmente “pulire sfregando”, riferito per esempio a stoviglie molto sporche, e in senso figurato “perlustrare, battere palmo a palmo” (Collins). Quindi il semplice “Percorrendo la Contea” di A/B è troppo debole (ma non “clamoroso”); ma “Il repulisti della Contea” di Fatica è troppo colloquiale (Treccani.it). “Ripulendo / Perlustrando la Contea” poteva forse bastare.
Ci sono molti casi anche di sparizione dalla traduzione di intere frasi che non danno modo al lettore italiano di cogliere alcune sfumature oppure causano incongruenze logiche nelle azioni dei protagonisti come «I am wounded with knife, sting, and tooth, and a long burden» […] che descrive bene la pesante condizione di Frodo e dà senso alla frase successiva «Where shall I find rest?»
«I am wounded with knife, sting, and tooth, and a long burden» è tradotto in A/P con «E’ la spalla. La ferita fa male, e il ricordo dell’Oscurità pesa su di me. Fu esattamente un anno fa». Non è preciso, ma la frase non è “sparita”.
«The blade turned on the hidden mail-coat and snapped» […] quando Saruman tenta di uccidere Frodo, ma la sua lama va a sbattere contro la sua cotta di maglia e si spezza… il lettore italiano legge solo che Saruman impugna il pugnale per colpire Frodo e che poi quest’ultimo chiede agli altri hobbit di non vendicarsi. Non si capisce perché un personaggio ferito voglia salvare il suo attentatore, a meno che non si tratti di una sorta di sindrome di Stoccolma.
E’ vero, questa frase è sparita. Il resto del commento, però, va sopra le righe menzionando addirittura la Sindrome di Stoccolma (Frodo non è mai stato prigioniero di Saruman). Quanto a voler salvare Saruman, per libera associazione ci viene in mente “Padre, perdona loro…” Frodo stesso dice di non essere ferito, quindi il commento di Fatica non ha senso. [Fatica però non sembra menzionare la Sindrome di Stoccolma nella registrazione.]
Lo stesso vale per Sam nelle ultimissime frasi del libro, quando è ancora indeciso, manca la frase «and he went on» poco prima del famoso «Well, I’m back» e questa sfumatura se ci fosse mostrerebbe al lettore italiano come Sam fino all’ultimo sia attratto dall’idea di raggiungere Frodo e Bilbo, non di tornare a casa…
E’ vero, questa frase è sparita. Sbagliato lasciarla da parte, ma il commento di Fatica di nuovo esagera un poco: Sam ha già fatto la sua scelta nel momento in cui si separa da Merry e Pipino.
Poi ci sono vere e proprie sviste come «misery» preso al posto di «mistery», «mirk» tradotto sempre come fosse «mark» oppure “betulla” (birch, che non c’è nell’originale) usato al posto di “faggio” (beech) non una volta sola ma per tutto il libro.
[grassetto nostro]
La maggior parte di queste “sviste” NON ESISTE IN A/B.
La frase «Misery» preso al posto di «mistery» non è di immediata comprensione, ma andando a intuito significa che A/B traduce “mistero” dove nell’originale c’era “misery”, e non viceversa. Questa “vera e propria svista” si verifica una sola volta, nella prima frase del capitolo “La Torre di Cirith Ungol”.
Mirk (oscurità) compare solo 4 volte, nel Ritorno del Re. Nei capitoli L’Assedio di Gondor e La Cavalcata dei Rohirrim è tradotto da A/B come “melma”, sbagliato. Nel capitolo Il Cancello Nero si apre è tradotto con “fumo”, più simile al significato originale. Nel capitolo Monte Fato (spezziamo una lancia per Fatica e dissipiamo una leggenda urbana: Monte Fato è rimasto tale, non è stato tradotto con “Montagna Fiammea”, quello corrisponde a Fiery Mountain, non che sia scusabile) mirky = sporca, abbastanza buono. In nessun luogo della traduzione A/B mirk è stato confuso con mark.
Abbiamo il sospetto che Testi abbia capito male: Fatica non ha detto mark ma murk, che significa “oscurità” ma anche, in modo arcaico, “torbidume”.
“betulla” (birch, che non c’è nell’originale): nel testo originale del SdA birch ricorre più volte di quante desideriamo contare. Nella Compagnia dell’Anello (ci riferiamo sempre alla nostra edizione Bompiani 2004) compare due volte, in entrambe tradotto correttamente con “betulla” da A/B. Beech ricorre una quindicina di volte: almeno 10 volte è tradotto correttamente come “faggio”. Nella canzone di Barbalbero c’è un autentico refuso, “raggi” al posto di “faggi”. Nel “Ritorno del Re” A/B confonde i faggi con le betulle 4 volte, che è grave, ma non è “per tutto il libro”.
[EDIT 7/3. Quel demente di Maedhros è andato a commentare l’articolo AIST prima che riuscissimo a fermarlo. Temevamo che li trascinasse con sé in una voragine infuocata, invece ne è uscita una bella conversazione civile che sarebbe sempre auspicabile. Dalle info ricevute abbiamo corretto il nostro commento. Ora attendiamo con fiducia che anche AIST corregga le citazioni errate su “mark” e le istanze in cui A/P non confonde betulle e faggi.]
Sui nomi
VALFANO. Dopo aver ascoltato questa parte della registrazione, potendoci quindi rifare alle fonti davvero primarie, confermiamo che Testi riferisce correttamente le parole di Fatica:
Un altro esempio di complessità linguistica è il nome ‘Dunharrow’, in cui il lettore medio inglese leggerebbe subito “harrow” come “erpice”. Invece, il suo etimo è da Tolkien legato a un tempio pagano sopra le colline, “heathen fane”, come spiega nella Guide ai traduttori [la Nomenclature]. Infatti “fane” vuol dire “fano” che in italiano significa appunto “tempio sacro”: per questo Fatica ha tradotto ‘Valfano’.
Fatica in realtà dice anche (sempre correttamente, rifacendosi alla Nomenclature):
Dun sta per collina, come “duna”; dun significa anche oscuro, grigio, e [Tolkien] lo usa [altrove] anche in questo senso, però in questo caso non significa che è scuro.
Ma allora, se Dun- significa in questo caso collina, da dove esce Val-? Fatica traduce correttamente Harrowdale (Introduzione) con Valfano, ma nella conferenza (e altrove) si confonde con Dunharrow. Testi non se n’è accorto.
MERRY. Qui le fonti primarie falliscono, perché esistono due versioni contrastanti dell’opinione di Fatica. La registrazione è assolutamente incomprensibile. Tolkien, invece, è molto chiaro nelle Appendici: Meriadoc was chosen to fit the fact that this character’s shortened name. Kali, meant in the Westron ‘jolly, gay’, though it was actually an abbreviation of the now unmeaning Buckland name Kalimac. Ovvero: Il vero nome di Merry è Kalimac, detto Kali, che in Ovestron significa “allegro, felice”, quindi nella finzione di una traduzione dall’Ovestron, Tolkien lo ha chiamato Merry che ha analogo significato in inglese.
Testi dichiara: [Fatica] Ha poi fatto simili riflessioni sulle sfide lanciate da Tolkien ai suoi lettori con “Merry” che fa ridere un inglese – lui l’avrebbe tradotto Felice o addirittura Giocondo, detto Giò. Banalizzazione estrema delle limpide parole di Tolkien, ma sostanzialmente corretta.
Però esiste anche il resoconto di Cercatori di Atlantide, un altro sito utilissimo per le fonti primarie (solo da loro si può leggere parte dell’intervista di Repubblica senza pagare): si riferisce all’intervento di Parma del 3 gennaio 2020, ma dalle citazioni è chiaro che Fatica ha parlato sulle stesse linee di Modena. Il resoconto dice:
Secondo Tolkien bisogna leggere merry senza pensare ad allegro. Infatti, merry è solo una riduzione di Meriadoc e andrebbe, secondo il Professore, ritenuta come priva di significato al momento della traduzione. [grassetto originale]
E’ una versione ancor più semplificata delle parole del Professore, e testualmente errata perché è Kalimac che non ha significato, non Kali; però insinua il dubbio su cosa abbia detto realmente Fatica, e come lo abbia interpretato Testi. Restiamo in fremente attesa di scoprire se Merry debba far ridere o no.
PIPPIN: [Fatica] ha scherzosamente precisato che “Pipino” non l’ha lasciato perché troppo sconcio per lo scrittore per cui lo ha sostituito con ‘Pippin’. Non possiamo rispondere in altro modo che con l’antico adagio “la malizia è nell’occhio di chi guarda”.
Sulle poesie
In Tolkien ne ha trovate alcune ritmate come filastrocche, altre più impegnative. Ha anche detto che nella poesia dell’Anello le rime sono rimaste: ad esempio tra cielo e celano c’è la rima è pura e italiana (Pascoli fa questo tipo di rime, diverse dalle rime da filastrocca). ‘Fato crudele’ lo ha così tradotto per mantenere la rima e lo stesso per vincerli con avvincerli (quest’ultimo termine del resto non è una ripetizione perché deriva da ‘vinciri’ e non da ‘vincere’).
Già detto: dissentiamo. Qui trovate i nostri commenti sulle poesie analizzate finora.
Fatica ha anche notato che a un certo punto Tolkien pare citare Ariosto quando la salma di Théoden viene portata via dal campo di battaglia usando dei ‘spear-truncheons’ (“tronconi di lancia” che si ritrovano anche nell’Orlando Furioso e che sono stati così tradotti in un’edizione scozzese che Fatica ha consultato). Del resto, per lui Éowyn è Corinna.
Abbiamo già commentato qui come sia molto improbabile che Tolkien si sia ispirato ad Ariosto. Solo ora, tuttavia, abbiamo notato “Corinna”. Chi è Corinna? Potremmo sbagliarci, ma le nostre ricerche ci hanno portati solo a Il rogo di Corinna, un poemetto pastorale di TASSO che lamenta la morte di una fanciulla amante del ricamo, poco assimilabile a Éowyn. Ci ha colto un dubbio atroce: che Fatica si riferisca a CLORINDA, la vergine guerriera della Gerusalemme Liberata… sempre di Tasso. Avremmo apprezzato maggiori precisazioni da parte di Testi.
Sulle descrizioni di percorsi e paesaggi
La bravura di Tolkien si vede anche nel far digerire ai lettori più giovani queste descrizioni che normalmente potrebbero annoiarli. Lo stesso Fatica è dovuto ricorrere a una quantità enorme di termini italiani che neanche lui usa: forre, dirupi, balzi, calanchi, gravine, burroni, seracchi, baratri, strapiombi, precipizi, falesie, cencie, orridi… Tolkien lavora su tutti questi termini e anche su quelli militari.
Fatica ha particolarmente amato tradurre le difficili descrizione [sic] dei percorsi (specie degli Hobbit in Mordor) e però si è stupito come possano essere sopportate da un pubblico giovane, perché impegnative e senza azione dato che alcuni suoi paesaggi sono ardui come quelli di Thomas Hardy, a dimostrazione che Tolkien ha una marcia in più rispetto ai soliti fantasy.
Molte [sic] interessante inoltre l’osservazione di Fatica sull’uso coerente e complesso della punteggiatura o dei maiuscoli e minuscoli in Tolkien, che è mimetica al testo. È un uso originale e coerente nel testo: in tanti anni non avevo mai sentito questo rilievo, nemmeno all’estero.
[grassetto originale]
Descrizioni dei paesaggi da “digerire”, e dei percorsi; infatti una buona parte dei lettori di qualsiasi età (non noi) odia la parte iniziale fino a Brea. Vorremmo davvero sapere in quale bolla di innocenza sia vissuto Fatica, e perché i suoi mentori non lo abbiano informato di questo fatto ben noto.
“una quantità enorme di termini italiani che neanche lui usa: forre, dirupi, balzi, calanchi, gravine, burroni, seracchi, baratri, strapiombi, precipizi, falesie, cencie, orridi… Tolkien lavora su tutti questi termini e anche su quelli militari”. [non sequitur] Ci chiediamo anche se Fatica viva nel Sahara, perché qui da noi nel Beleriand, senza andare sull’Everest, gran parte di questi termini sono di uso comune.
“Tolkien ha una marcia in più rispetto ai soliti fantasy”: infatti i “soliti fantasy” copiano Tolkien… ma non ci si può aspettare che il non-specialista di fantasy lo sappia.
Il commento sull’uso della punteggiatura e delle maiuscole ci sfugge completamente. Fatica si stupisce che Tolkien sappia la grammatica e si ricordi cosa ha messo in maiuscolo e cosa no? Gli proponiamo una sfida: provi a tradurre Jane Austen, e poi torni a dirci che ne pensa della punteggiatura.
Incongruenze
Fatica ha anche notato alcune incongruenze in Tolkien, come ad esempio quando usa le parole ‘dryad’, ‘train’ o ‘gerontius’, ‘babel’ e ‘ancient of days’, che si rifanno a mitologie e culture che non dovrebbero essere del mondo della Terra di mezzo. Ha inoltre rilevato che Tolkien, pur dicendo di non amare il francese, usa spesso parole francesi o ispirate al francese, come ‘alas’, ‘sortie’ ‘poisson’. Usa addirittura un francesismo di concetto usando il termine per il clou usato dai soldati francesi nella Prima Guerra Mondiale.
[grassetto nostro]
Tolkien ha introdotto Eärendil nella sua mitologia, facendone un personaggio fondamentale, perché gli piaceva il suono (Lettera 297: I was struck by the great beauty of this word (or name)). Solo uno che non conosce Tolkien nel profondo può stupirsi delle sue “incongruenze” – ma non era uno scrittore “coerente”? Abbiamo di recente commentato l’intervento di Fatica al Salone del Libro 2020 e abbiamo già demolito “anacronismi” come driade o gioviale. Ci occuperemo anche degli altri in opportuna sede.
FRANCESE: “I dislike French” (Lettera 213). “French 31 has given to me less of this pleasure than any other language with which I have sufficient acquaintance for this judgement. 31 I refer to Modern French; and I am speaking primarily of word-forms, and those in relation to meaning, especially in basic words.” (saggio English and Welsh)
Tolkien non amava il francese, ma scriveva in inglese. L‘inglese è colmo di termini francesi fin dal 1066. Incredibile, vero? Alas è un’esclamazione antichissima, usata già nel Middle English, di origine sì francese ma da secoli assorbita nell’inglese “elevato”. Idem per sortie.
Non abbiamo trovato NESSUNA istanza dell’uso di poisson nel SdA. Temiamo che Testi si sia confuso con puissant, che compare una volta sola (Faramir a Eowyn riguardo ad Aragorn) èd è una normalissima parola inglese di origine francese, poco comune ma non astrusa.
Il riferimento a clou è del tutto inesplicabile anche come sintassi (e stile – il verbo “usare” 3 volte nella stessa frase). Neppure l’ascolto della registrazione ha risolto il mistero, perché non si capisce quale parola pronunci Fatica: clou o coup o qualcos’altro. Nessuna di queste due parole si trova nel testo del SdA.
Fatica ha poi ammesso di non aver troppo apprezzato l’attenzione di Tolkien alle lingue inventate, forse lui è stato uno dei pochi ad averla sviluppata al meglio, anche se non perfettamente, perché le lingue sono interconnesse con il resto del mondo e con la storia del pianeta.
[grassetto nostro]
Si può non amare le lingue inventate di Tolkien, ma sminuirne l’importanza è un’offesa gravissima al Professore. La vita di Tolkien e le “lingue inventate” sono la stessa cosa. L’Elfico lo ha tenuto in vita durante la I guerra mondiale. “Non perfettamente”? Ci hanno lavorato due generazioni. Il resto della frase non ha senso.
Ha inoltre notato che Tolkien usa “nightshade’ nel senso di oscurità che non esiste in inglese, mentre a un lettore inglese il primo significato che gli viene in mente è il veleno Belladonna, a dimostrazione del gusto che ha Tolkien nel lavorare sulle parole e sugli effetti che hanno nel lettore.
[grassetto nostro]
Nightshade compare UNA volta nel SdA, nella Canzone di Tinúviel: Long was the way that fate them bore, / O’er stony mountains cold and grey, / Through halls of iron and darkling door, / And woods of nightshade morrowless. La belladonna è una pianta (da cui si trae un veleno), e ci sembra chiaro che qui Tolkien, amante delle piante più minuscole, parli di boschi popolati di belladonna. L’oscurità è implicita in morrowless. Non capiamo l’obiezione.
[Edit 13/10/20: ci correggiamo, compare 2 volte.]
C’è una incongruenza narrativa! Nel capitolo del repulisti della Contea, a un certo punto Cotton parla delle ruberie che fanno i furfanti: «‘gathering’ as they call it». Le virgolette sono qui superflue e poi Frodo qualche pagina prima parla proprio di questo: «The ruffians are on top, gathering, robbing and bullying…». Come faceva a saperlo?
[grassetto nostro]
Non c’è nessuna incongruenza narrativa. Frodo parla in senso letterale, e lo sa perché è lì. Cotton CITA le parole dei furfanti che giustificano le loro ruberie, e per questo ci sono le virgolette. Fatica non ha capito l’inglese e accusa Tolkien di aver sbagliato. Testi non se n’è accorto.
ADDENDA:
Testi sorvola anche sul seguente commento di Fatica, tratto dalla registrazione intorno al 25° minuto:
Ci sono anche dei refusi colossali e non se n’è accorto nessuno, cioè ‘Sam temeva gli occhi sugli spalti’ anziché ‘teneva’.
Il refuso colossale… è di Tolkien, a quanto pare, che all’inizio del capitolo “Monte Fato” scrive Sam feared the watchful eyes.
Concludiamo (si spera) ribadendo l’importanza di questo commento, non solo come elenco degli errori di Fatica, ma dei numerosi casi in cui Testi non si è accorto di tali errori, non solo in sede di conferenza ma nemmeno nel resoconto. Non vogliamo puntare il dito su Testi, ma queste occorrenze smentiscono l’AIST che ha dichiarato:
Il ruolo della nostra associazione è stato quello di seguire il lavoro di Ottavio da un punto di vista filologico e scientifico, quindi da un punto di vista tolkieniano, diciamo.
Tolkien si dissocia.
Un pensiero riguardo “Modena 2020: Reboot”