Capita spesso di incontrare su FB considerazioni positive o negative sulla traduzione di Fatica “Cavallino Inalberato”, che secondo lui è più fedele alle regole dell’araldica. Rispondiamo ogni volta che possiamo, nello spirito espresso un paio di articoli fa: noi facciamo notare le criticità con fatti precisamente documentati, poi tutti leggano quello che vogliono (se possibile, l’originale di Tolkien).
Ci è capitato però di fornire risposte abborracciate, come direbbe Fatica, perché la nostra ricerca va sempre più a fondo e scopriamo di continuo dati che non conoscevamo, anche grazie a chi ci dà suggerimenti (sempre ben accetti).
Le nostre obiezioni a “Cavallino Inalberato” sono cinque:
1_ Un pony non è precisamente un piccolo cavallo (e questo vale per tutte le altre istanze nel testo in cui pony è stato tradotto così); la faccenda è più complessa. Vi rimandiamo a Wikipedia, che va sempre presa con le pinze, ma ha il vantaggio di offrire una vagonata di fonti originali, alcune anche su Internet, quindi consultabili da chiunque voglia controllare o approfondire. Nel dubbio, sarebbe meglio tenere il termine specifico pony.
2_ Si perde l’allitterazione. Alliata traduce Puledro ImPennato, che è sempre impreciso per quanto riguarda il pony, ma tramite l’assonanza restituisce la sonorità dell’originale.
3_ Fatica non capisce il contesto. Lo abbiamo già detto e stradetto: sembra improbabile che il rozzo oste di una locanda di frontiera tenga particolarmente all’araldica. Magari da ragazzino aveva un vivace pony amatissimo. Il lettore, a parte pochi studiosi e appassionati specifici, quando trova “inalberato” non pensa “wow, che precisione araldica, ora capisco meglio Tolkien”.
4_ Sono 4 sillabe in più. Sarà un nostro pallino, ma ricordiamoci che parliamo di colui che esordì sulla scena nazionale contando a sproposito gli errori di Alliata, e tuttora pesa con il bilancino gli “errori” di TOLKIEN che non doveva usare “gioviale” perché i Romani non esistevano nella Terra di Mezzo (però “anfitrione” va bene). Non abbiamo quindi alcuno scrupolo nel trattarlo allo stesso modo, ma con cognizione di causa. Prancing Pony = 4 sillabe. Puledro Impennato = 6 sillabe. Cavallino Inalberato = 8 sillabe. E’ lo stesso problema di The Sword that was broken (6 sillabe) = La-Spada-che-ha-subito-il-danno (9 sillabe), a parte tutte le altre considerazioni sul registro completamente sbagliato e sulla complicazione di una frase semplicissima.
5_ Infantilismo. Ci siamo accorti di questo fatichismo leggendo il volume unico. Pony = cavallino. Pipe weed = erba piparina (notate anche le 6 sillabe). Evenstar = Stella Vespertina, particolarmente nella descrizione stucchevole “Regina Stella Vespertina”. Fatica dichiara ogni volta di rivolgersi al “ragazzo” o “ragazzino” come suo lettore ideale, ma questo linguaggio va bene dai 3 ai 6 anni. Meno male che Tolkien dovrebbe essere un classico.
Sono passata per farvi un saluto e ringraziarvi per i complimenti che mi avete fatto ieri sera durante la diretta… Grazie davvero ❤ Ne approfitto anche per dirvi che concordo con quel che avete detto sulla traduzione di "Prancing Pony" (a parte riguardo alla questione delle sillabe, ma questo ormai lo sapete 🙂 ). In effetti, "cavallino" suona un po' infantile, anche per questo stride con "inalberato", al di là di qualsiasi riferimento all'araldica…
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Ciao, eccoci con l’abituale tempismo! Abbiamo letto il tuo blog e ci dispiace che tu smetta di scrivere, ma speriamo che sia solo un momento di stanchezza. E’ così anche per noi in questo momento: non si può arrivare al punto che la semplice menzione di Tolkien causa un attacco di panico. Infatti ci prendiamo una vacanza, almeno fino all’anno prossimo…
Ci sfidi sulle sillabe? E noi risponderemo! 😀 La conta delle sillabe in più nei nomi della traduzione Fatica era nata – in maniera un po’ Noldoriana – in risposta alla famosa battuta dei 500 errori a pagina di Alliata, e ai recenti interventi di Fatica che si è messo a contare addirittura gli “errori” di Tolkien. La prima sappiamo che era un’iperbole (anche se è stata praticamente il suo biglietto da visita, quindi non ci sentiamo di lasciarla cadere nel dimenticatoio), i secondi sono più gravi. Stiamo lavorando su un altro post serio su Trento in cui affronteremo proprio questo problema.
Ma al di là delle battute, contando le sillabe quasi per gioco, ci siamo accorti che non dipende solo dal fatto che in genere l’italiano è più “lungo” dell’inglese. E’ uno stilema di Fatica, che si affianca alla sua tendenza a usare nomi composti che suonano anomali (Boscuro). Adesso ci potranno dire: ma questo pover’uomo, lo criticate se traduce Mirkwood con Boscuro e anche se traduce Evenstar con Stella Vespertina, per voi non ne può fare una giusta!
Allora: Boscuro può essere soggettivo (anche se “mirk” ha più significati di “scuro”, e a noi piace Bosco Atro, non perché è la traduzione Alliata ma perché ha una connotazione semantica più complessa). Ma passare da Stella del Vespro a Stella Vespertina ci sembra inutile, pesante e con quel diminutivo che è anch’esso uno stilema di Fatica (come “cavallino” – che lui a Trento ha spiegato con il fatto che pony è una parola troppo moderna, e questo aprirebbe tutta un’altra discussione – o “erba piparina”, che è un semplice “pipe weed”). La prima obiezione è che questa leziosità non si trova nell’originale di Tolkien.
Inoltre, Fatica ha parlato a lungo dei versi nascosti nella prosa di Tolkien, spiegando come ha tentato di renderli. Tutto molto giusto e istruttivo, sul serio, senza sarcasmo Noldor. Ma se poi traduce “The Sword that was broken” (6 sillabe) con “La Spada che ha subito il danno” (9-10 sillabe, a seconda se si conta “che/ha” come una sillaba o due), allora va contro la sua stessa dichiarazione di voler mantenere l’andamento metrico nella prosa di Tolkien! Anche perché in “All that is gold does not glitter” usa “la lama spezzata”, che è un’ottima traduzione di “blade that was broken”. Perché non mantenerla altrove? Altri più esperti di noi potranno confermare che nella prosa di Tolkien la struttura degli accenti, ispirata alla poesia Old English, finisce diluita, se non addirittura persa, in questo allungamento di nomi e concetti.
Non vogliamo convincerti, solo chiarire quello che in effetti sembra uno scherzo ma che in realtà si inquadra nel problema più vasto della resa del “vero Tolkien”.
Già che ci siamo, rispondiamo qui al commento sul tuo sito riguardo all’interpretazione ideologica delle parole di Gandalf su Gollum. (Se cambiamo pagina magari ci salta il computer e perdiamo tutto… ah, le gioie della Telecom!) Anche questo lo approfondiremo nel prossimo post su Trento. In breve, sia Fatica che Wu Ming 4 nel suo resoconto di Trento hanno dato una spiegazione puramente materialistica del ruolo finale di Gollum anticipato da Gandalf, considerandolo semplicemente come l’azione di personaggi manovrati dall’autore, privo di significato provvidenziale. E’ un’interpretazione come tante; se loro la trovano “applicabile” (come direbbe Tolkien) alle loro idee, va benissimo. Il problema è che è stata presentata come unica interpretazione possibile. Ma è un problema complesso e ci ragioneremo, testi alla mano.
Speriamo di risentirti presto in radio! Nel frattempo buone feste e un augurio di un 2021 migliore. ❤
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Grazie mille per la risposta esaustiva! E grazie anche per gli auguri 🙂 Chissà, forse davvero un giorno tornerò a scrivere sul mio blog! Non si può mai dire…
In effetti, “la lama spezzata” suona meglio rispetto a “la spada che ha subito il danno”; è anche più preciso. Peccato che non si sia scelto di mantenerlo!
Questione Gandalf-Gollum, invece… bene, ora farò la figura della stupida, ma vi giuro che non ho capito. Cioè, come può non avere un significato provvidenziale la caduta di Gollum?! A me sembra che il Professor Tolkien sia stato molto chiaro su questo. Poi, sì, ciascuno di noi può crearsi una sua idea, ma se sappiamo che in Arda c’è Eru, che alcune cose sono scritte nella Grande Musica e altre sono frutto del libero arbitrio degli Uomini, che Gandalf è una sorta di “inviato”… insomma, non mi pare che si possa escludere il concetto di Provvidenza Divina come se nulla fosse. Andrò a leggere cos’ha scritto Wu Ming 4, ma detta così mi sembra davvero una cosa senza senso…
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Oh com’è bella l’erba piparina
oh com’è bello saperla coltivar
e far l’amor con la mia bella
e far l’amore in mezzo al prà!
-Tratto da una popolare ballata Hobbit del Decumano Sud
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