Convegno AIST di Trento, presente Fatica (Articolo AIST).
Bellissima iniziativa, ma abbiamo qualche problema su come è presentata.
Giuseppe Scattolini ha già fatto una disamina dell’articolo AIST su Tolkien Italia. Noi ci limitiamo ad aggiungere qualche considerazione.
1. … le critiche che la nuova traduzione ha ricevuto in Italia, le quali potrebbero essere ridotte a due, paradossalmente opposte: lessico troppo prosaico; lessico troppo arcaico e poetico.
[grassetto nostro]
A questo punto, con tutto il rispetto possibile, ci sorge il dubbio: ci sono o ci fanno? Noi non siamo nessuno, ma studiosi più titolati continuano a ripetere all’infinito che:
IL LESSICO DI FATICA NON CORRISPONDE AL LESSICO DI TOLKIEN E LE SUE SCELTE TRADUTTIVE (USO DI TERMINI DESUETI, TECNICI O REGIONALI) NON FUNZIONANO COME RESA DELLO STILE UNICO DI TOLKIEN.
(vedi nostro articolo sulla Lettera 171)
Escludiamo che AIST non abbia ancora recepito questa critica. Se la pensano in modo diverso e spiegano chiaramente il loro punto di vista, come nel loro articolo sulla Lettera 171 da noi citato, la discussione costruttiva è possibile; ma se dicono “paradossalmente” prendono per scemi tutti coloro che obiettano alla traduzione Fatica.
2. È stata la nuova traduzione italiana a farci scoprire che il romanzo non è scritto tutto con lo stesso registro linguistico, lo stesso lessico e lo stesso stile, bensì ha un andamento che corrisponde a quello della storia narrata.
Qualsiasi lettore della traduzione Alliata/Bompiani può testimoniare che il registro cambia eccome. Ne sono prova le preferenze per una sezione o per un’altra: da chi non ama la parte della Contea perché troppo giocosa, a chi ha difficoltà a leggere le parti delle battaglie nel Ritorno del Re perché troppo epiche.
3. Così abbiamo scoperto anche che la prosa allitterativa dell’autore può produrre frasi come «Éowyn fell forward upon her fallen foe», che nemmeno la nuova traduzione poteva riuscire a rendere del tutto («Éowyn cadde in avanti sul nemico caduto»), e tuttavia abbastanza perché qualche improvvisato e improvvido commentatore la bollasse come una ripetizione antiestetica.
Siamo improvvisati e improvvidi commentatori. Come dicevamo nell’articolo citato, le allitterazioni e assonanze di Fatica funzionano per rendere lo stile di Tolkien, ma non il lessico, in questo caso la ripetizione cadde/caduto. IN INGLESE LA RIPETIZIONE E’ NORMALE E NON CACOFONICA COME IN ITALIANO. L’inglese è ricco di parole monosillabiche, e deve sempre specificare il soggetto. Quindi il proverbiale he said, she said non urta un inglese quanto un italiano. Un traduttore italiano deve sperticarsi con “disse, affermò, dichiarò, obiettò” e simili per rendere uno stile che è tipico della lingua inglese. Éowyn cadde in avanti sul nemico caduto è una ripetizione antiestetica. L’INGLESE NON SEGUE LE STESSE REGOLE DELL’ITALIANO.
Scusate il maiuscolo, ma questi sono concetti che vanno spiegati e rispiegati per far capire su cosa si basano le obiezioni a Fatica. Ci piacerebbe che si smettesse di citare Cannarsi e di usare sarcasmo gratuito, e che invece ci si concentrasse sui FATTI che noi e altri cerchiamo di diffondere. Su Facebook si incontrano sempre più spesso nuovi lettori, per lo più in buona fede, che scoprono ora il SdA e non sanno cosa c’è dietro alla traduzione Fatica; bisogna metterli in grado di capire cosa stanno leggendo e in che rapporto è con l’originale, e se possibile incoraggiarli ad avvicinarsi all’originale, non stroncarli con battutine futili che fanno fare brutta figura a tutti noi.
(Meno in buona fede sono coloro che partono con “Io non ho letto l’originale, ma è ovvio che la nuova traduzione è più fedele, e se preferite la vecchia siete fascisti”. Purtroppo non ce lo stiamo inventando.)
4. Dobbiamo iscriverci per assistere alle conferenze? Non siamo pratici di Zoom e forse è necessario, ma se non lo fosse facciamo notare che al Salone di Torino, a Lucca, alla Voce di Arda si può assistere o ascoltare senza doversi iscrivere. Ci pare un po’ troppo facile dichiarare in seguito AVEVAMO 50.000 ISCRITTI quando la maggior parte magari non è riuscita a partecipare per una qualsiasi ragione.
Attendiamo con grande curiosità, soprattutto in vista di un futuro saggio di Fatica sulle sue scelte traduttive. Vorremmo tanto che il suo intervento non fosse una fotocopia di Torino 2018 e di Parma e Modena 2020. Vorremmo sentirgli esprimere passione e rispetto per il testo che ha tradotto, non critiche ad Alliata, ai fans e a Tolkien stesso. Vorremmo che i rappresentanti AIST presenti fossero attenti a rettificare le sue osservazioni errate (l’anima non esiste nella Terra di Mezzo etc). Altrimenti tutto il lavoro dovremo farlo noi come al solito.
Aurë entuluva!