Aragorn il Forestale – Rassegna stampa 1

forestale1Anche se per il momento non vogliamo/possiamo occuparci dei nomi della traduzione Fatica, ieri mattina ci hanno passato un articolo tratto da “Il Giornale di Arona” e abbiamo avuto un’idea malsana come tutte le nostre idee: raccogliere articoli sui Forestali. Siete liberi di segnalarceli.

Lasciamo perdere Terence Hill; e lungi da noi sminuire (come direbbe Galadriel) l’opera  indispensabile del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, nonché Carabinieri Forestali. Ma quante volte nella vita reale capita di sentir parlare dei Forestali? Troppe volte, e in circostanze troppo spesso di banale criminalità o pulizia di routine, perché il termine susciti in Italia tutt’altra reazione dal termine “Ramingo”.

Sull’AIST si trova l’articolo Aragorn il Forestale, uno studio filologico, di Wu Ming 4. E’ una ricerca approfondita e istruttiva, ma non affronta il problema di base: non l’origine della parola RANGER, ma il suono della parola FORESTALE a orecchie italiane.

C’è anche una lunga serie di commenti, in gran parte favorevoli a Forestale, che mostrano (oltre al bias di conferma, di cui tutti soffriamo) come in ultima analisi l’apprezzamento di una scelta sia soggettivo.

Ma si usa dire familiarity breeds contempt (pare che il primo a usare questa frase sia stato Chaucer), ovvero la familiarità genera il disprezzo. La citazione cade un poco a sproposito perché esistono tipi positivi di familiarità. Anche molti difensori della traduzione A/P sono mossi proprio dalla familiarità (e di conseguenza sono insultati, orsacchiotto di peluche etc). Noi stiamo sempre più sforzandoci di prescindere da A/P per giudicare la traduzione Fatica, prendendola invece in se stessa e in rapporto con l’originale. Facciamo finta che Ramingo non sia mai esistito.

Torniamo a Samplicio e Castaldo: a noi piacciono anche perché non abbiamo un vicino di nome Samplicio, o un Castaldo in giunta comunale. Però abbiamo la sede locale della Protezione Civile nel paese accanto, quindi di Forestali è pieno così, e possiamo pensare che questo in Italia capiti a molti.

Fatica ha detto che a me raminghi sembra un tipo di ordine di frati, non mi convince. E’ soggettivo. Un traduttore deve avere l’umiltà di confrontarsi con i suoi potenziali lettori e informarsi su come la sua versione possa suonare. E’ una questione di orecchio, non solo alla lingua italiana, ma alla civilisation che ci insegnarono quando studiavamo il francese, cioè a come una cultura percepisce certi termini.

 

Fonti Primarie 4.1: Fatica al Tolkien Lab di Modena, 15 febbraio 2020

[Edit 15/4 Edit 10/9 Edit 21/10: stiamo ANCORA rivedendo questo post alla luce della registrazione dell’intervento di Modena e continuiamo a scoprire nuove bizzarrie nelle parole di Fatica (che non aggiungeremo in questa sede, anzi abbiamo completamente svincolato la parte su Modena). Riediteremo quindi completamente quanto segue, tenendo conto dei commenti ricevuti e senza più segnalare ogni singola correzione alle nostre affermazioni, se no vien fuori un carnaio proprio quando ci vuole massima chiarezza.]

Come auspicavamo, ci è stata gentilmente fornita la registrazione dell’intervento. Speriamo che, con tante possibilità a disposizione (come i video su FB o La Voce di Arda, che ha recentemente trasmesso un intervento della traduttrice Costanza Bonelli e venerdì 13 intervisterà Kelopoeta, e conserva tutte le sue puntate per rendere disponibile la consultazione a tutti), sia sempre più prassi comune fornire la vera voce degli intervistati, soprattutto nel clima ostile e sospettoso di questi mesi.

gazzetta_modena_fatica

L’articolo della Gazzetta di Modena qui sopra pubblicizza l’incontro. Vale la pena di analizzarlo, perché si aggiunge a quella serie di motivi per cui una parte dei tolkieniani è furibonda con la traduzione Fatica e i suoi sostenitori. L’articolo non è facilmente leggibile, ma se visualizzate l’immagine, la scaricate e l’ingrandite, si capisce.

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Commento testuale: La Canzone di Bilbo (I sit beside the fire and think)

Originale:

I sit beside the fire and think
of all that I have seen,
of meadow-flowers and butterflies
in summers that have been;

Of yellow leaves and gossamer
in autumns that there were,
with morning mist and silver sun
and wind upon my hair.

I sit beside the fire and think
of how the world will be
when winter comes without a spring
that I shall ever see.

For still there are so many things
that I have never seen:
in every wood, in every spring
there is a different green.

I sit beside the fire and think
of people long ago,
and people who will see a world
that I shall never know.

But all the while I sit and think
of times that were before,
I listen for returning feet
and voices at the door.

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